Cultura - Preziose testimonianze giudicali riaffiorano dagli scavi di piazza Manno

  Gli scavi archeologici nella centralissima Piazza Manno di Oristano hanno consentito di riportare alla luce importanti testimonianze del periodo Giudicale. I risultati della

Data:
31 luglio 2002

 

Gli scavi archeologici nella centralissima Piazza Manno di Oristano hanno consentito di riportare alla luce importanti testimonianze del periodo Giudicale.

I risultati della campagna di scavi sono stati presentati questa mattina durante una conferenza stampa alla quale hanno partecipato il Sindaco di Oristano Antonio Barberio, il vice Sindaco Mauro Solinas, i Soprintendenti ai Beni Archeologici Vincenzo Santoni e ai Beni architettonici, al paesaggio e ai Beni storico artistici e demoantropologici Francesca Segni Pulvirenti e l’archeologo Raimondo Zucca.

Proprio il Professor Zucca ha avuto il compito di presentare alla stampa i reperti recuperati:

“L’Archeologia Urbana rappresenta una delle nuove frontiere dell’archeologia, rivolgendosi al recupero della memoria storica attraverso lo scavo dei siti pluristratificati, ossia delle "città sovrapposte".

Tale è il caso di Oristano trasformatasi da stazione stradale in età romana, a centro autonoma in epoca bizantina, a capitale del regno giudicale d’Arborea a partire dal 1070, a munitissima città turrita con Mariano II del 1290-1293 e con i suoi discendenti fino a Eleonora d’Arborea e Guglielmo III di Narbona, ultimo Giudice d’Arborea nel 1420. Successivamente Oristano diviene città marchionale e, dal 1479, città Regia.

L’utilizzo dell’Archeologia Urbana per conoscere la storia culturale, architettonica, artistica di una città si è rivelata fondamentale a Roma come a Firenze, a Pisa come a Padova, a Cagliari, Sassari, Olbia, Porto Torres e finalmente a Oristano.

Poiché l’Archeologia Urbana comporta disagi alla comunità cittadina è necessario che si realizzi una partecipazione morale dei cittadini allo scavo, inteso come momento imprescindibile di conoscenza.

A Oristano, in Piazza Manno, da un anno la Soprintendenza Archeologica, d’intesa con la Soprintendenza ai Beni Artistici e con il Comune di Oristano, che ha assicurato la copertura finanziaria, prima con la L.R. 10/1965, quindi con il fondo straordinario per l'occupazione, sta effettuando delle sistematiche indagini archeologiche, dirette da Donatella Mureddu, Pier Giorgio Spanu e Raimondo Zucca, tese a rivelare l’assetto  difensivo medioevale della Piazza della Maioria, l’odierna Piazza Manno.

Lo scavo appare indispensabile non solo a livello di conoscenza di questo sistema difensivo articolato nel castello con la Torre di San Filippo, nella cortina muraria e nella Porta Mari, ma anche perché esso detterà le linee guida all’interno delle quali dovranno muoversi gli architetti e gli urbanisti che dovranno progettare  il delicatissimo spazio urbano della nuova Piazza Manno.

Si tratterà, infatti, di studiare l’assetto della più importante piazza storica di Oristano, delimitata da un lato dalle carceri (l’antico Palazzo giudicale), dall’altro dalla scuola media Eleonora d’Arborea (l’antico convento di S. Giovanni Evangelista).

I dati fin qui acquisiti dagli scavi hanno offerto un quadro ben più dettagliato e per diversi aspetti innovativo sulla torre e la Porta, che, contrariamente alla più diffusa opinione, non sono affatto delucidate dai disegni e dalle fotografie della fine del secolo XIX.

La sorpresa più importante riguarda la torre di San Filippo: la torre, infatti, nel corso del XVIII secolo, subì un potente interro del suo basamento in relazione ai lavori di bonifica della piazza, sicché nel 1907 abbattendosi la torre si ignorò che in realtà la base della torre si conservava nel sottosuolo. Così 95 anni dopo la vandalica distruzione di San Filippo si è rivelata la sopravvivenza del basamento della grande torre, con i suoi lindi paramenti in blocchi squadrati di arenaria, perfettamente conservati. D’altro canto l’accesso originario della torre venne tamponato forse nel '600 o nel ‘700, così da privarci della documentazione di questa porta. Ora con gli scavi la porta medioevale, attraverso la quale entrarono nel castello di Oristano gli eserciti di Mariano IV e di Eleonora d’Arborea, va pian piano rivelandosi.

Ma anche la Porta Mari ha chiarito che l’accesso era chiuso da un portone a due ante, di cui si sono rivelati gli incavi per i cardini. Inoltre possediamo ora la documentazione della prima strada medioevale di Oristano con il canale di sgrondo delle acque rivestito di ciottoli lungo la linea mediana della via.

Infine deve sottolinearsi che grazie al razionale lavoro di archeologia urbana il patrimonio archeologico di Oristano si è arricchito di un grandissimo numero di reperti che vanno dall’età bizantina (VI-VII secolo) fino al XIX secolo.

Una magnifica fibbia di bronzo, simile ad esempi dell’agro  di Tharros, ma anche della città atlantica di Sala (odierna Rabat in Marocco), è il reperto più antico riferibile alla ARISTIANIS bizantina, menzionata da Giorgio Ciprio nel VII secolo.

Abbondante è poi il prezioso vasellame  di produzione ligure e pisana (detto MAIOLICA ARCAICA) del tempo del Giudice Mariano II, il creatore del sistema difensivo oristanese. Seguono le cangianti ceramiche in  blu e lustro (dorate) del tempo di Mariano IV e di Eleonora d’Arborea: si tratta di vasi da mensa, che comparivano sui tavoli dei Maiorales di Oristano, provenienti dalle botteghe ceramiche del Levante spagnolo.

Assolutamente eccezionale è uno spillone crinale in osso o avorio, che adornava la crocchia di una nobile oristanese del tardo medioevo, decorata da una testina femminile.

Finalmente sono ritornati alla luce i curiosi vasi a decoro graffito ( un pesce, un gatto, un uccello etc.) delle botteghe dei Congiolargios di Oristano del tardo Cinquecento e del Seicento.

Ma gli scavi hanno dimostrato che nella Oristano spagnola circolavano anche le prestigiose ceramiche di Montelupo Fiorentino e gli azulejos, le ricche mattonelle "smaltate" delle aristocratiche dimore oristanesi.

Per l’età sabauda sono ritornate in luce le numerose pipe in terracotta e le stoviglie 'a macchie nere’ di larga diffusione.

Questo materiale non è per gli archeologi ma per il polo museale di Oristano, l’obiettivo da raggiungere per dotare la città di un ordinato sistema di musei che si affianchi al vecchio Antiquarium. Così Oristano potrà essere vincente in un brillante confronto con i nuovi musei della Sardegna, quale il Museo Archeologico Nazionale di Nuoro, aperto due settimane fa, e l’altro di Olbia, di prossima apertura.

Per realizzare tutto ciò, la sistemazione degli scavi, la progettazione della piazza Manno, l’avvio del programma museale, occorre l’unione di tutte le forze di Oristano e di tutti i cittadini di Oristano, affinché sentano l’orgoglio di essere eredi della storia narrata dalle pietre di Piazza Manno”.

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Ultimo aggiornamento

23/03/2022, 09:30